Quadro di riferimento macroeconomico: il primo semestre è stato caratterizzato dalla continua revisione al rialzo della stima di crescita americana e da una revisione al ribasso di quella europea. Ad inizio anno la media di consenso degli analisti forniva un’indicazione per il Pil Usa 2010 al 2,9% mentre a giugno era salita al 3,3%; nello stesso periodo quella europea passava dall’1,3% all’1,1%. Diametralmente opposto l’andamento della seconda parte dell’anno; le attese sul Pil Usa passavano dal 3,3% al 2,8% attuale: quelle Eurozona dall’1,1% all’1,7%. L’eccessivo ottimismo sulle prospettive di crescita Usa della prima parte dell’anno subivano un duro colpo dai pessimi dati occupazionali di inizio agosto: si è quindi passati da un eccesso di ottimismo alla paura di una ricaduta in recessione poi abbandonata grazie agli interventi Fed (allentamento monetario) e a quelli del governo (recente manovra fiscale). In Europa la crescita è stata trainata dalla sorprendente Germania (le stime di Pil si aggiravano mediamente intorno all’1,8% a giugno mentre ora sono al 3,6%). I Paesi emergenti hanno continuato a sostenere la crescita globale che altrimenti avrebbe corso concreti pericoli di “double dip”. L’Europa si è trovata a far fronte alla crisi greca e più recentemente a quella irlandese. Gli Usa hanno temuto nella seconda parte dell’anno di entrare in una fase deflativa: l’inflazione Usa a livello tendenziale è scesa dal 2,7% di inizio anno all’attuale 1,1%. Quella Ue è invece salita dall’1% all’1,9%.
Politica monetaria: nessuna novità sul fronte dei tassi ufficiali: Fed ferma allo 0,25%, Bce all’1%, BoE allo 0,5% , BoJ allo 0,1%. Molte le novità sul fronte delle manovre non convenzionali. La Fed ha approvato il nuovo piano di acquisti di Treasury per 600 mld. La Bce ha continuato a fornire liquidità illimitata a tasso fisso alle proprie banche; ad ottobre quando sono scaduti oltre 225 mld di prestiti a 3-6-12 mesi, la nostra Banca Centrale ha deciso di continuare a fornire liquidità illimitata con operazioni fino a tre mesi accantonando l’ipotesi di iniziare manovre restrittive viste le incertezze registrate sui titoli periferici. La Bce sta inoltre procedendo ad acquisti di titoli governativi.
Il medio lungo termine: il rendimento del Bund 10 e dei tassi Irs a 5-10 anni sono stati pesantemente condizionati dall’effetto congiunto della crisi greca e dai dati Usa di metà anno peggiori delle attese culminati nel dato occupazionale di agosto. Il Bund 10 che ad inizio anno si muoveva appena sotto il 3,40% è sceso in agosto al minimo storico del 2,10%: ha favorito il calo l’effetto “flight to quality” con gli operatori che uscivano dai titoli meno sicuri per acquistare sicurezza. Da tali minimi ingiustificati da un punto di vista dei fondamentali (la crescita europea si stava riprendendo e l’inflazione era in salita a livello tendenziale), i rendimenti hanno iniziato a risalire portando a muoversi nell’ultimo periodo intorno al 3%. I tassi Irs 5-10 anni al 2,8% e 3,55% ad inizio anno hanno toccato i minimi ad agosto all’1,72% e 2,35% per poi risalire sul fine anno al 2,6% e 3,4%. I tassi Irs a 2-3 anni ad inizio anno erano all’1,8% e 2,2%, e sono scesi in agosto ai minimi di 1,23% e 1,35% per chiudere l’anno a 1,65% e 1,95%. Livelli di rendimento a cavallo del 3% del Bund 10 potrebbero essere di riferimento ad inizio anno; considerato inoltre che non immaginiamo una Bce muoversi in anticipo rispetto a quanto previsto attualmente dai tassi Future Euribor, è difficile immaginare un rialzo dei tassi Irs. Se eventualmente un movimento si concretizzasse ad inizio anno è tendenzialmente più probabile possa riguardare un lieve ridimensionamento dei tassi Irs rispetto agli attuali livelli.