L'andamento del collocamento del BTP Val0re assume particolare rilevanza dopo che, nella tarda serata di venerdì, via XX Settembre ha fatto sapere di aver rivisto al rialzo le sue stime di emissione per quest'anno a circa 333 miliardi di euro dai 310-320 preventivati.
I costi di finanziamento di Roma sono in costante aumento - le aste a medio/lungo della settimana scorsa hanno registrato tassi ai massimi da 11 anni, mentre il costo medio all'emissione è a livelli che non si vedevano dal 2008 - con gli investitori sempre più preoccupati per l'indebolimento dell'economia e per lo scostamento fiscale.
Il governo Meloni prevede di aumentare il deficit di bilancio di 23,5 miliardi di euro tra il 2023 e il 2025. Quanto al debito/Pil, lo ipotizza in discesa dal 140,2% di quest'anno al 139,6% solo nel 2026, grazie a proventi da privatizzazioni da effettuare nei prossimi tre anni per circa 21 miliardi di euro.
In questo contesto, la scorsa settimana il differenziale di rendimento tra governativi italiani e tedeschi è tornato a sforare i 200 punti base per la prima volta da sei mesi, con il tasso del Btp decennale ad un soffio dal 5%.
Nella seduta di venerdì il mercato ha recuperato qualcosa, in un movimento legato anche al riposizionarsi degli investitori con la fine del trimestre, oltre che a dati positivi sull'inflazione dell'Eurozona, scesa ai minimi da due anni.
Si riparte quindi stamani dal 4,78% per il rendimento del benchmark novembre 2033 e dai 194 punti base per lo spread con il Bund, nell'attesa di capire se questo rimbalzo terrà, mentre Giorgia Meloni ha fatto sapere di non essere allarmata dalla situazione.
Va segnalato che i venti contrari non hanno soffiato solo sui governativi italiani in questi mesi.
A livello globale, il terzo trimestre ha visto una generalizzata impennata dei rendimenti - la più consistente in un anno negli Stati uniti e in Germania - innescata dalla prospettiva di tassi elevati per un prolungato periodo di tempo e, secondo alcuni analisti, tale corsa verso l'alto potrebbe non essere finita.
Ad aggravare il contesto, i prezzi del petrolio sono aumentati di circa il 30% nel periodo luglio-settembre a seguito dei tagli alla produzione applicati dall'Opec+ che hanno compresso l'offerta globale, alimentando i timori di un rafforzamento delle aspettative inflative.
Con una mossa che potrebbe portare un qualche sollievo sui mercati, intanto, la decisione last-minute dei repubblicani moderati di sostenere alla Camera una legge di finanziamento a breve termine ha fatto slittare il rischio di shutdown a metà novembre.
Il solo fatto che il governo Usa sia arrivato a poche ore dalla chiusura - con l'ex presidente Donald Trump che esultava all'idea e solo quattro mesi dopo che il Paese ha rischiato il default sul suo debito - solleva tuttavia preoccupazioni sulla capacità del Congresso di funzionare.
In mattinata anche la seconda lettura di settembre sul comparto manifatturiero di Germania ed Eurozona, tra gli altri, dopo che la prima aveva segnalato il permanere di una situazione di debolezza.