Negli ultimi giorni una serie di fattori hanno condotto ad un aumento dell’avversione al rischio: calo delle borse con spostamento dei capitali sull’obbligazionario e conseguente calo dei rendimenti. Tutto è iniziato dall’aumento di allerta nucleare in Giappone. In questo caso i primi a reagire sono stati i Bond Usa il cui rendimento sul decennale è sceso dal giorno della decisione Bce (7 aprile) da area 3,60% al 3,4%. Sulla crescita globale si sono successivamente addensate altri dubbi: il rialzo del prezzo del petrolio, che potrebbe iniziare a rappresentare un freno, la crisi della Grecia, che secondo alcune voci potrebbe presto richiedere una ristrutturazione del proprio debito, il rialzo dei tassi europei, che potrebbe soffocare in culla la precaria ripresa. Anche i dati macroeconomici giunti in settimana hanno corroborato ulteriormente la sensazione che dopo un primo semestre decisamente pimpante si possa assistere ad una stabilizzazione verso il basso della crescita futura: emblematico a questo riguardo l’indice Zew tedesco la cui componete sulla situazione prospettica si è addirittura dimezzata mentre quella relativa alla situazione attuale è risultata in rialzo e superiore alle attese.
Il Bund 10 tedesco sempre dal 7 aprile è sceso dal 3,49% di al 3,30% di oggi. Il Btp 10 era sceso fino al 4,66% e solo negli ultimi due giorni in concomitanza con le voci sulla Grecia è tornato a salire (4,74%). Lo spread Btp – Bund era sceso a 120 punti base (oggi 140 circa). Rimane comunque immutata la tendenza segnalata da alcune settimane che vede una netta distinzione tra debito italiano e spagnolo da una parte e quello greco e portoghese dall’altra. Sembra tuttavia che nelle ultime sedute l’effetto “flight to quality” abbia sempre meno impatto sul rendimento del Bund: in larga parte dai portafogli dei grandi investitori i titoli portoghesi e greci sono ormai stati scaricati. Il calo di circa 20 centesimi del Bund 10 ha coinvolto anche i tassi Irs a 5-10 anni scesi di poco meno.
In sostanza quindi, anche se il Presidente della Bce ha affermato che per ora non vede pericoli di effetti di “second round” per l’inflazione, i recenti dati non sono sicuramente tranquillizzanti se si considera soprattutto l’inflazione “core” al netto cioè della componente più volatile relativa ad energia ed alimentare fresco, salita all’1,5% tendenziale con una crescita mensile dell’1,3% a fronte dello 0,3% del mese di febbraio. Quindi un’inflazione al 2,7% che presto potrebbe varcare la soglia del 3%, difficilmente lascerà indifferente la Bce: per questo i mercati confermano ulteriori possibili rialzi del P/T. Tuttavia l’impennata dell’inflazione potrebbe rientrare nel corso del prossimo anno verso livelli più consoni agli obiettivi Bce (2%) ed inoltre la crescita potrebbe rallentare il passo a partire già dal secondo semestre dell’anno in corso. Questi due fattori dovrebbero impedire fughe verso l’alto dei tassi a medio lungo termine che, se stiamo a guardare le serie storiche dei tassi reali dovrebbero invece posizionarsi su livelli decisamente più alti.
I “Future” (ovvero i tassi attesi) Euribor 3 mesi hanno subito una lieve limatura sulle scadenze per l’anno in corso non portando, come detto, a variazioni relativamente alle previsioni di politica monetaria della Bce la quale è sempre vista alzare il P/T all’1,5% a metà estate, all’1,75% in autunno e al 2% a fine anno. Il calo ha riguardato le scadenze 2012-2013, scadenze su cui esistono ancora margini di discesa, reputando non così facile il ritorno dell’’Euribor sopra il 3% nel 2013 così come scontano i mercati e sopra il 3,5% a marzo 2014.
Il calo dei tassi attesi non ha arrestato la salita dell’Euribor (tre mesi all’1,35%). Intanto mercoledì (giorno di entrata in vigore del nuovo P/T 1,25% post rialzo dei tassi ufficiali) le banche europee hanno fatto il pieno di liquidità: i tassi a brevissimo (overnight) si stanno muovendo tra l’1,1% e l’1,2%. L’Euribor 3 mesi se dovesse assecondare, come pensiamo, quanto previsto dai tassi Future, che per giugno prevedono l’1,56%, dovrebbe continuare a crescere di circa 2-3 centesimi a settimana anche se non è escluso che ci sia una stabilizzazione sui livelli attuali per poi assistere ad una accelerazione in concomitanza con il consolidarsi della possibilità di nuovi interventi della nostra banca centrale.