8 gennaio 2010
Il rialzo dei rendimenti obbligazionari americani nel mese di dicembre è stato decisamente importante
con il Bond 10 che dal 3,20% di inizio scorso mese è salito fino al 3,75% alla vigilia di Natale
proseguendo successivamente fino al 3,85%; solo oggi pomeriggio dopo un deludente dato
occupazionale (-85mila posti di lavoro contro attese di invarianza) si è assistito ad un parziale rientro al
3,80% circa. I governativi a breve Usa hanno subito un analogo rialzo (il Bond 2 anni, per es. che era
allo 0,66% a inizio dicembre oggi è allo 0,95% circa). I motivi sono da ricercarsi nel miglioramento
del clima economico americano che potrebbe anticipare la fine della politica Fed di tassi zero.
L’inflazione tendenziale Usa ha inoltre compiuto un balzo passando da negativa (-0,2% a ottobre ) a
1,8% in novembre (dato che è stato comunicato in dicembre). Nei prossimi mesi l’inflazione
tendenziale salirà ancora portandosi verso il 2,70%, livello che potrebbe essere di riferimento per il
primo semestre. In tale scenario di inflazione e di un ritorno alla crescita ancorché sotto il potenziale, i
rendimenti obbligazionari Usa sono destinati a salire a meno di cocenti delusioni sul fronte dei
prossimi dati macro. Ipotizzare un rendimento medio ’10 del Bond 10 al 4,20% con un’inflazione
intorno al 2,70% (secondo le nostre elaborazioni) significherebbe avere tassi reali dell’1,50% cioè pari
alla media degli ultimi 5 anni. Su queste considerazioni si è inserita la preoccupazione su deficit e
debito Usa e sulla capacità del mercato di assorbire le ingenti future emissioni di carta governativa.
Questi motivi tuttavia erano già ben noti nei mesi scorsi e da soli spiegano solo parzialmente il rialzo
dei rendimenti Usa.
I Bund tedeschi sono stati coinvolti in minor misura dal rialzo dei Treasuries in quanto le prospettive di
crescita europea rimangono incerte; inoltre con un’inflazione che dovrebbe mantenersi ben sotto il 2%
(obiettivo Bce), non si intravedono molti spazi di rialzo. Il decennale tedesco (sceso oggi intorno al
3,35% dopo i pay- rolls Usa) è salito dal 3,15% dei primi giorni di dicembre fino al 3,25% della vigilia
natalizia, portandosi in questi primi giorni del 2010 a sfiorare il 3,40%, livelli che riteniamo
tendenzialmente di riferimento per i prossimi mesi (salvo eventuali momentanei rialzi al traino del
Bond Usa). Il rialzo dei governativi tedeschi ha coinvolto in particolar modo le scadenze 3-4 anni,
mentre poco mossa è stata la scadenza 2 anni.
I tassi Irs fanno registrare un rialzo sostanzialmente omogeneo (circa 10-12 cent.) rispetto a Natale su
tutte le scadenze (Irs 2-3-5-10 anni rispettivamente a 1,78%-2,18%-2,73%-3,52%). Essi hanno quindi
seguito solo parzialmente i Bund tedeschi con un conseguente restringimento degli spread più marcato
sui 3-5 anni. Tali spread sono oggi addirittura sotto i livelli pre-crisi 2007 sulla scadenza decennale
(0,17%) mentre si mantengono ancora sopra di 30 e 13 cent. rispettivamente (0,55% e 0,38%
rispettivamente gli spread attuali) sulle scadenze 2e 5 anni. Eventuali possibili movimenti al rialzo del
Bund 10 sono destinati quindi come minimo a riflettersi in pari intensità sui tassi Irs 10. Il tratto più
corto del medio/lungo termine (2 – 5 anni) sia per i Bund che per gli IRS sembrerebbe un po’ più
protetto da possibili nuove tensioni provenienti dall’obbligazionario USA.
L’Euribor 3 mesi ha segnato oggi il nuovo minimo storico a 0,691% favorito dalla sempre abbondante
liquidità e dall’ingente ricorso ai depositi presso la Bce lievitati a 175 mld che continuano a mantenere
decisamente compressi i tassi a brevissimo (Eonia). I tassi Future Euribor 3 mesi si sono invece
decisamente impennati sulle scadenze del ’11 (al traino dei tassi IRS), mentre quelle ’10 sono
addirittura scese sul primo semestre. Il mercato conferma ampiamente l’attesa di un P/T Bce fermo
almeno fino all’autunno.