I prezzi del petrolio sono balzati del 4% in avvio per poi ridurre il rialzo intorno all'1%. Si guarda, in particolare, alla scelta iraniana di non bloccare lo Stretto di Hormuz, il più importante punto di accesso al mondo per il trasporto di greggio, e alla possibilità che l'Arabia saudita e il resto dell'Opec aumentino la produzione se necessario.
I listini asiatici sono per la maggior parte positivi, il mercato valutario tranquillo.
Il mood resta ad ogni modo particolarmente volatile, con gli operatori che si muovono in un'ottica di brevissimo periodo.
Alla luce di questo complesso quadro, il Fomc si riunisce domani e dopo in un meeting dal quale si attendono tassi invariati.
Difficilmente, viste le tante variabili in gioco - in primis il possibile risorgere di pressioni sui prezzi legati al rincaro del petrolio - i banchieri centrali si sbilanceranno a dare indicazioni sulle loro prossime mosse, continuando a dirsi completamente dipendenti dai dati.
Anche per questo al centro dell'attenzione sarà l'aggiornamento delle proiezioni dello staff, pubblicate l'ultima volta a marzo.
Il tasso sui Fed Funds si attesta al 4,25%-4,50% dal dicembre scorso, ultima volta in cui l'istituto ha allentato di 25 pb.
La Banca del Giappone dà il via alla sua due-giorni oggi, con gli investitori in cerca di indicazioni sulla traiettoria della politica monetaria e sui piani di tapering obbligazionario. Non ci si aspettano mosse sui tassi. Il focus sarà sulle parole del presidente Kazuo Ueda, che ha promesso che continuerà ad aumentare il costo del denaro se l'inflazione di fondo si avvicinerà all'obiettivo del 2%, sebbene l'outlook sia divenuto meno certo.
Anche la banca centrale britannica lascerà i tassi fermi - al 4,25% - questa settimana, stando alla totalità dei 60 economisti interpellati nell'ultimo sondaggio Reuters. Per la stragrande maggioranza, la prossima riduzione da un quarto di punto non arriverà prima di agosto.