Gli annunciati tagli Opec alla produzione di greggio faranno riemergere le pressioni inflative, per poi riscendere sul finale con i core dopo dati sulla manifattura Usa più deboli del previsto.
L'attività industriale globale si è indebolita a marzo a causa dei tagli alla spesa dei consumatori che sentono il peso dell'aumento del costo della vita - stando a diversi indicatori diffusi ieri, in testa il Pmi Usa -, suggerendo che il deterioramento delle prospettive continuerà a frenare la ripresa economica e a tenere le banche centrali sulle spine.
L'aumento dei costi di finanziamento - dovuto all'aggressivo inasprimento Fed in chiave anti-inflazione - sta raffreddando la domanda di beni che di solito vengono acquistati a credito. E tale domanda potrebbe subire ulteriori pressioni verso il basso dopo i recenti fallimenti di due banche regionali statunitensi e l'acquisizione di Credit Suisse, che hanno messo a dura prova il settore finanziario.
Marzo è stato un mese sulle montagne russe per gli investitori, che hanno inizialmente espresso aspettative crescenti sui tassi terminali - con quello Fed che ha sfiorato il 6% - prima che le fibrillazioni del comparto creditizio non portassero i policymaker a considerare apertamente una fine anticipata del ciclo restrittivo innescando un repricing.
I nuovi tagli a sorpresa agli obiettivi di produzione annunciati dall'OPEC+ potrebbero spingere i prezzi del petrolio verso i 100 dollari al barile, secondo trader e analisti.
Per l'agenzia Scope Ratings, ritardi significativi nell'attuazione del Pnrr ridurrebbero probabilmente le prospettive di crescita del Paese nel medio termine, con un impatto negativo sul rating italiano.