Attesa nel pomeriggio la lettura di novembre dell'indice Pce core che darà una misura dell'inflazione negli Stati Uniti. Al termine della due giorni di politica monetaria, la Fed ha tagliato i tassi e ha limato le prospettive per l'allentamento monetario a causa dell'inflazione ancora più alta del target del 2%. L'istituto centrale ha anche detto che l'amministrazione Trump offre ragioni per muoversi con cautela.
Riferimenti per una delle ultime sedute prima della pausa natalizia i 118 punti base per il premio al rischio e il 3,48% per il rendimento del benchmark febbraio 2035. Dopo i toni 'hawkish' della Fed, che hanno raffreddato le attese per il percorso di allentamento monetario negli Usa, i rendimenti dell'obbligazionario europeo sono balzati in scia a quelli dei titoli di Stato Usa. In questo contesto il tasso del decennale di riferimento è salito fino a un soffio da 3,5% che rappresenta il massimo dal 22 novembre. Poco mosso invece lo spread con il Bund a indicare che il balzo dei rendimenti non ha riguardato solo l'Italia.
In Giappone a novembre l'inflazione core ha accelerato spinta dai costi di alimentari e carburanti, mantenendo la banca centrale sotto pressione sul fronte dell'aumento dei tassi di interesse. L'indice dei prezzi al consumo core è salito al 2,7% tendenziale - a fronte di un'attesa pari a 2,6% - dal 2,3% del mese precedente. Ieri al termine del meeting di politica monetaria, la Banca del Giappone ha lasciato i tassi invariati in un momento in cui la minaccia delle politiche su commercio e immigrazione di Trump gettano un'ombra sull'economia del Paese, estremamente dipendente dall'export. Il governatore Ueda ha fornito pochi dettagli su quanto rapidamente verrà ritoccato all'insù il costo del denaro.
Il dollaro estende il rally sulle prospettive di una Fed che rimarrà restrittiva e si avvia a chiudere la settimana in positivo, mentre lo yen tocca il minimo degli ultimi cinque mesi.