Principale driver della giornata l'aggiornamento di giugno dell'indice Pce sulle spese personali Usa, misura dell'inflazione particolarmente seguita dalla Fed che potrebbe contribuire a cementare le attese di mercato sul prossimo percorso di allentamento della banca centrale. Il consensus converge su un dato tendenziale in rallentamento al 2,5% dal 2,6% del mese precedente sia a livello generale che per la più monitorata componente core.
La lettura 'advance' del Pil del secondo trimestre, diffusa ieri, ha mostrato che l'economia statunitense è cresciuta più rapidamente del previsto nel secondo trimestre, ma l'inflazione si è attenuata, lasciando intatte le aspettative di tagli dei tassi negli Stati uniti subito dopo l'estate. Praticamente scontato che il Fomc della prossima settimana lascerà invariato il costo del denaro all'attuale 5,25%-5,50%, le scommesse degli investitori su un -25 pb a settembre sono salite dal 78% all'88%, con il mercato che prevede a seguire altre due riduzioni della stessa entità a novembre e dicembre.
Ieri il tasso del Bund a due anni ha toccato il minimo da febbraio mentre la curva dei rendimenti tedeschi ha registrato il livello più basso di inversione degli ultimi sei mesi, dopo che la debolezza emersa da recenti statistiche dell'Eurozona - segnatamente Pmi e Ifo - hanno spinto gli operatori a rafforzare le loro previsioni sul ciclo di ammorbidimento Bce.
I mercati monetari prezzano completamente 50 pb di tagli da parte di Francoforte entro dicembre e vedono al 10% le chance di una terza mossa. Il tasso terminale è visto al 2,5% per l'estate 2025, dall'attuale 3,75%.
L'attenzione resta ovviamente anche all'evoluzione del quadro politico statunitense, con gli investitori che cercano di proteggere i portafogli da possibili tensioni di mercato in vista del voto del 5 novembre, mentre Donald Trump e Kamala Harris sono testa a testa nei sondaggi.
La vittoria dell'uno o dell'altra aprirà scenari molto divergenti per la geopolitica e il commercio mondiale e i money manager si preparano a mesi di volatilità.
Si ritiene che Trump potrebbe accrescere i profitti delle imprese con tagli alle tasse, ma anche aumentare le tariffe sulle importazioni, il che sarebbe una cattiva notizia per gli esportatori europei e asiatici e per l'inflazione statunitense.
Da Harris, invece, ci si attende un giro di vite sulle banche, un atteggiamento più morbido con la Cina e una certa cautela in politica estera nel solco di Joe Biden, ma con toni più aspri nei riguardi di Israele, come dimostrato già in un incontro ieri.
L'inflazione di base a Tokyo ha registrato un'accelerazione per il terzo mese consecutivo a luglio, ma un indice che misura la crescita dei prezzi trainata dalla domanda ha rallentato, come mostrato da dati diffusi stamani, complicando le decisioni della banca centrale - che si riunisce la prossima settimana - sulla tempistica dell'aumento dei tassi.
L'indice dei prezzi al consumo di base, che esclude i costi volatili degli alimenti freschi, è aumentato del 2,2% annuo, rispettando le previsioni e accelerando leggermente rispetto al 2,1% di giugno.
L'inflazione misurata da un indice che esclude anche i costi dell'energia, attentamente osservato da BOJ, ha rallentato però all'1,5% dall'1,8%, ai minimi da due anni suggerendo che l'aumento dei prezzi si sta moderando a causa di consumi ridotti.