Maggiore attenzione al rischio e tassi europei che si adeguano a quelli Usa

Bce e Fed però potrebbero muoversi indipendentemente, con Francoforte che taglierà a giugno e la Fed dopo

Sono due le novità emerse in settimana: la prima sulla percezione del rischio, la seconda sui tassi europei che sembravano essersi svincolati da quelli Usa e invece, seppur con una settimana di ritardo, tornano a esserne influenzati.

Le reazioni dei mercati comunque appaiono composte. È un bene che vi sia una maggiore attenzione al rischio (è aumentata la volatilità in settimana).
Negli ultimi mesi la percezione del rischio è stata bassissima, come si può evincere dall’analisi della volatilità implicita storica a un mese sui principali indici azionari siamo sui minimi storici e ovviamente decisamente sotto la media; anche sul mercato obbligazionario (Bund e Bond Usa 10 anni), nonostante i significativi movimenti dell’ultimo periodo, la volatilità è sotto la media. Un altro indicatore che conferma questa poca percezione del rischio è il Corporate spread Hight yields, che si trova sui minimi storici.
Durante i periodi di crisi si assiste a un aumento delle preferenze delle famiglie per la liquidità: negli ultimi mesi si è invece assistito a un brusco calo dei depositi a vista (esclusi quindi i depositi a termine) con flussi significativi anche sui mercati azionari oltre che su obbligazioni.

Pareva dunque non esserci particolare preoccupazione per il futuro. In sostanza – nonostante le notevoli tensioni geopolitiche – il mercato proiettava il migliore dei mondi possibili e cioè un rientro dell’inflazione al 2% senza intoppi, una crescita che torna tra l’1,5% e il 2%, la tenuta dei profitti aziendali. È positivo che vi sia un bagno di realtà e si inizino a considerare i rischi. È altrettanto positivo che il repricing stia avvenendo (è appena iniziato e non è ovviamente certo che continui) in modo composto. Un calo delle borse dell’8-10% farebbe anche bene agli equilibri globali grazie a un effetto ricchezza negativo, un calo dei consumi e minori tensioni sui prezzi.
Sarà importante vedere i risultati trimestrali delle quotate che verranno rilasciati in queste settimane. Per le borse l’inflazione ha anche un lato positivo, perché gonfia utili e ricavi.

Cautamente si potrebbe ipotizzare un repricing modesto, ma che venga successivamente assorbito qualora la crescita rimanesse brillante. Se invece ci saranno segnali di rallentamento oltre le attese, i bond lunghi potrebbero fornire buoni risultati (rendimenti in calo). Il rischio su questo scenario è che la guerra in Medio Oriente conduca a ripercussioni sui prezzi del petrolio (ora il Brent tre dollari a 89) e a qualche problema alle catene di fornitura (continuano ad aumentare i prezzi dei noli) con difficoltà sul rientro dell’inflazione.

Le politiche monetarie di Fed e Bce probabilmente saranno differenziate. Il bilancio settimanale vede i tassi Usa salire di altri 5 cent. circa dopo il significativo rialzo precedente sulla scia dell’inflazione di marzo maggiore del previsto e quelli eurozona salire di circa il doppio senza particolare motivo se non quello di recuperare una parte del rialzo di quelli americani.

A Francoforte non è in dubbio che la riduzione dei tassi prenderà il via a giugno, ma ci sono visioni differenti sul dopo. In settimana membri apicali della Bce hanno sostenuto la necessità di un secondo taglio a luglio, prospettiva che non trova però d’accordo i “falchi”. Quasi tutti sono concordi su tre tagli nel 2024 – a giugno, settembre e dicembre – attualmente prezzati dal mercato.

Oltreoceano, la banca centrale Usa sta invece rivedendo la necessità di tagliare i tassi quest’anno alla luce dei dati su economia e mercato del lavoro. È in aumento il coro dei banchieri centrali che non vedono l’urgenza di un allentamento. La Federal Reserve attenderà fino a settembre per tagliare i tassi e potrebbe effettuare poi una seconda riduzione quest’anno. Le aspettative del mercato al momento sono per un primo taglio a settembre rispetto all’indicazione di giugno di poche settimane fa.

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