Ieri il dollaro ha leggermente beneficiato dei dati sull'inflazione Usa di gennaio: l'indice Pce “core” - tra le variabili più monitorate da Federal Reserve - è rallentato al tasso annuo di 2,4% da 2,6% di dicembre. Il raffreddamento della spesa per i consumi personali dovrebbe incoraggiare la banca centrale Usa a non posporre eccessivamente un taglio dei tassi. L’eurousd che si muoveva appena sopra 1,085 è rientrato a 1,082 di oggi anche grazie a qualche segnale di rallentamento dell’economia europea come segnalato dall’economic sentiment e dalle vendite al dettaglio tedesche entrambi inferiori al consensus.
Protagonista dell'agenda macro di oggi la prima lettura Eurostat dell'inflazione europea di febbraio: gli analisti prevedono un nuovo raffreddamento dell'indice annuo a 2,5% da 2,8% di gennaio. Sempre sul fronte macro, in calendario anche la lettura finale del Pmi manifatturiero di febbraio, che dovrebbe confermarne la stima preliminare di 46,1, e il tasso di disoccupazione di gennaio, previsto stabile da dicembre a 6,4%.
La prossima settimana a muovere il cross potrebbero intervenire gli indici Ism Usa, il Beige Book e soprattutto i dati occupazionali di venerdì 8 marzo: tra gli appuntamenti principali la riunione Bce (7/3) e la duplice audizione di Powel al senato e al congresso Usa. Questo weekend in programma il G20: non è totalmente da escludere che in via informale non si parli della debolezza dello yen.
Ben intonato il dollaro, che ancora riflette sulle possibili implicazioni di politica monetaria dei dati di ieri relativi all'inflazione Usa di gennaio.