L’assenza di dati macroeconomici si è fatta sentire; la settimana è risultata priva di direzione sia sui mercati obbligazionari sia su quelli azionari e sul forex.
Gli operatori inoltre, ed è stato il leitmotiv della settimana, non si muovono in questa fase sulle dichiarazioni, seppur autorevoli, di autorità monetarie, ma preferiscono un riscontro dai dati congiunturali e dagli indici di fiducia (segui tassi e costo del funding su www.aritma.eu).
Dall’eurozona il commento più autorevole è giunto dal capoeconomista Bce che in modo colorito ha sottolineato un tema strutturale di lungo periodo che deve far riflettere: il rallentamento in corso del processo di globalizzazione e le tensioni geopolitiche spingeranno probabilmente l’inflazione ad aumentare in futuro rispetto ai livelli visti finora; dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i Paesi europei si concentrano “più sui cannoni che sul burro”, il che a sua volta genererà più inflazione e meno crescita economica.
In altri momenti tutto ciò avrebbe condotto a un rialzo anche significativo dei tassi: in realtà si registra solo un lieve aggiustamento al rialzo sul medio lungo termine per quanto riguarda i tassi europei mentre quelli Usa sono addirittura scesi dopo la pubblicazione dei sussidi di disoccupazione settimanali americani peggiori del consensus che normalmente non hanno molto impatto sui tassi. È un segno della “sete” di nuovi dati che hanno gli operatori prima di prendere posizione.
Il bilancio settimanale vede complessivamente i decennali Usa scendere dal 4,50% di inizio settimana al 4,45% di oggi, il 2 anni fermo al 4,80%; sui tassi eurozona stabile il Bund 10 al 2,47%, il 2 anni sale dal 2,90% al 2,93%. Patiscono leggermente i Btp per via della pesante offerta: 10 anni al 3,80% dal 3,75%, spread a 133 bps circa. Irs 10 fermo al 2,75%, Irs 2 anni al 3,28% dal 3,25%.
Nella settimana entrante torneranno a essere protagonisti i dati e gli indici di fiducia. Dagli Stati Uniti l’attenzione sarà concentrata nella prima parte sui prezzi, con quelli alla produzione e successivamente quelli al consumo. Sempre dagli Usa attese le vendite al dettaglio, gli indici di fiducia Empire e Philly più un intervento di Powell presidente Fed. In Eurozona Pil, Cpi, aggiornamento delle previsioni da parte della Commissione europea, Eurogruppo, Ecofin e indice Zew sulle prospettive dell’economia secondo le principali istituzioni finanziarie tedesche sono gli appuntamenti più market mover.
Il profilo della curva dei tassi attesi suggerisce che l’Euribor 3 mesi (fixing oggi 3,81%) scenda al 3,70% per giugno, per settembre 3,47% e per fine anno 3,25% circa (55 cent. in meno rispetto ai livelli odierni). Ciò significa tre tagli Bce nell’anno in corso quasi certi. L’Euribor 3 mesi dal 4% che si registrava l’ultima volta a metà novembre è sceso di 20 centesimi; il calo è accelerato negli ultimi due mesi: a metà marzo era ancora bloccato a 3,95% circa. Di ulteriori 20 centesimi dovrebbe scendere per fine giugno quando diventerà operativo il taglio Bce (riunione del 6/6) con le prime operazioni di pronti contro termine. Non è molto ma inizia ad avere un positivo impatto sugli oneri finanziari delle imprese indebitate a tasso variabile.