Secondo dati diffusi giovedì, nel mese di giugno il Cpi (inflazione) statunitense ha evidenziato un incremento su base annua del 3% e su base mensile un calo dello 0,1% contro attese pari rispettivamente a +3,1% e +0,1% (segui tassi e costo del funding su www.aritma.eu).
Anche la più monitorata componente core (che esclude energetici e alimentari) ha segnalato un rallentamento, registrando un +3,3% tendenziale e un +0,1% congiunturale (consensus +3,4%, +0,2%). Dopo il dato rivediamo al ribasso il Cpi Usa 2024 al 3% dal 3,2%. La forward inflation 5y5y si è da tempo stabilizzata intorno al 2,50-2,55% e non ha subito variazioni. Questo – oltre a più ampi ragionamenti – mette in dubbio la convinzione di molti operatori ed economisti che il Cpi di medio termine possa effettivamente scendere agli obiettivi Fed del 2%.
L’effetto del dato Usa comunque è stato rilevante sui tassi con i rendimenti governativi americani e tedeschi scesi di 8-10 cent. da inizio settimana. Il Bond 10 Usa è al 4,21% circa, il Bund al 2,48%.
Meglio fanno i Btp, con il decennale al 3,80%. Lo spread torna ai minimi di periodo appena sopra 130 bps dopo l’impennata sopra 150 post primo turno delle elezioni francesi.
In calo i tassi Irs (5-8 cent.): 10 anni al 2,75%, 2 anni al 3,12%.
Revisione per quanto riguarda le aspettative su Libor usd ed Euribor 3 mesi: 10-15 centesimi in meno, ma non si modificano comunque le aspettative sui tagli Fed e Bce per il 2024; due tagli per entrambe le banche centrali. L’Euribor 3 mesi (fixing 3,68%) a dicembre è atteso (tassi Future) al 3,25% (attualmente il refi Bce è al 4,25% e il depo al 3,75%).
Nella duplice testimonianza al congresso all’inizio della settimana, il Presidente della Fed ha riconosciuto esplicitamente i recenti progressi sul fronte prezzi, ma ha sottolineato che un taglio dei tassi resta vincolato al loro effettivo raffreddamento, oltre che all’andamento del mercato del lavoro.
Il rapporto sull’inflazione ha seguito l’aggiornamento di venerdì scorso sul tasso di disoccupazione, salito a giugno al 4,1% – ai massimi da due anni e mezzo – dal 4,0% di maggio. Il settore dei servizi rallenta (indice Ism di 10 gg fa).
In questo quadro diventa sempre più probabile la possibilità, prezzata al 90% dal precedente 75%, di un taglio di 25 punti base da parte del Fomc del 17-18 settembre, mentre la riunione di luglio (30-31) sarà propedeutica per Powell per anticipare un prossimo cambio di politica monetaria. L’esito delle elezioni presidenziali di novembre non dovrebbe condizionare più di tanto il quadro macro nel breve termine, ma le conseguenze potrebbero essere rilevanti nel medio termine.
Francoforte (Bce) effettuerà altri due tagli dei tassi quest’anno, a settembre e a dicembre, secondo la nostra previsione: come seconda ipotesi vediamo tre riduzioni, nel caso di aumenti di volatilità e processo deflattivo superiore al consensus.
La riunione Bce di giovedì prossimo (18 luglio) dovrebbe lasciare i tassi fermi e non modificare la “guidance”.