La prima settimana del secondo trimestre vede un rialzo dei tassi a lungo termine e una sostanziale stabilità di quelli a breve. Il movimento è partito dagli Usa con l’Europa solo in parte coinvolta. I Bond Usa 10 anni salgono di oltre 10 centesimi a 4,32%, il Bund 10 è al 2,35% (+5 cent.), l’Irs 10 è al 2,64% (+5 cent.; segui tassi e costo funding su www.aritma.eu).
Qualche vendita sui decennali italiani (3,76% + 8 cent.) con lo spread che allarga a 141 bps. La parte breve vede un’increspatura del Bond Usa 2 anni al 4,65%; Bund 2 e Irs 2 anni invariati a 2,84% e 3,15%.
Sul fronte dei tassi attesi non si modificano le aspettative per l’Euribor 3 mesi, che dal fixing di 3,89% è atteso scendere a dicembre al 3,04%. Anche sulle scadenze Future Euribor 2025 e anni seguenti cambia poco: a dicembre 2025 l’attesa è al 2,40%, per fine 2026 al 2,30%.
Qualche modifica in più sui Libor usd attesi specie per il 2025 (+7/10 cent.): il Libor usd 3 mesi dal 5,57% è atteso al 4,60% per dicembre, al 3,85% per fine 2025.
Il calo atteso da oggi a fine anno per l’Euribor 3 mesi è pari a 85 centesimi; sul Libor il calo atteso è di 97 centesimi.
I rendimenti a inizio settimana sono saliti in un movimento ispirato principalmente dai Treasury, per via dei dati migliori delle attese sull’industria manifatturiera statunitense cresciuta per la prima volta in un anno e mezzo, grazie alla forte ripresa della produzione e all’aumento dei nuovi ordini e all’aumento dei prezzi delle materie prime, suggerendo che l’inflazione potrebbe salire nei prossimi mesi. L’indice Pce di febbraio ha registrato una crescita moderata, con un +0,3% su mese da +0,4% di gennaio e +2,5% a livello tendenziale dopo +2,4% del mese prima. I numeri confermano che la pressione dei prezzi sta diminuendo, ma con un rallentamento del ritmo rispetto alla prima metà dello scorso anno. La possibilità di un taglio dei tassi da parte della Fed a giugno resta sul tavolo, anche se il mercato dei futures sui tassi Usa la prezza al 58% rispetto al 70% di una settimana fa.
Il rialzo successivamente è stato in parte riassorbito a seguito dell’indice Ism Usa servizi inferiore al consensus e alle parole del Presidente della Fed che ha affermato che i Fed Fund scenderanno quando “avremo maggiore fiducia che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile” verso l’obiettivo del 2% della Federal Reserve. Sono poi intervenuti alcuni membri Fed a sostenere la cautela che dovrà avere la banca centrale a tagliare, con un membro che ha addirittura affermato che non bisogna attendersi tagli nel 2024.
Non favorisce il percorso di disinflazione e di conseguente ammorbidimento monetario l’aumento dei prezzi del petrolio, con le quotazioni ai massimi da ottobre e il Brent sopra alla soglia psicologica dei 90 dollari a barile, sostenuto dall’acuirsi delle tensioni geopolitiche e dai potenziali rischi per l’approvvigionamento.
I tassi europei si sono mossi al traino di quelli Usa. Per quanto riguarda la Bce (giovedì prossimo è in programma la riunione da cui non si attendono novità), non vi sono molte incertezze sul primo taglio a giugno nonostante a marzo l’attività delle imprese sia cresciuta per la prima volta dal maggio 2023. L’indice composito Purchasing Managers’ Index (Pmi) della zona euro è salito a marzo a 50,3 punti da 49,2 di febbraio, al di sopra della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione.
Fa da contraltare la delusione delle vendite al dettaglio che sottolinea le difficoltà dei consumatori europei. I prezzi al consumo tedeschi hanno registrato il minimo da tre anni a marzo portandosi al 2,3% annuo, il dato flash di marzo a livello di eurozona è risultato al 2,4% contro attese di 2,5 dal 2,6% di febbraio. Anche l’indice “core” al netto di energia e alimentare fresco, le componenti più volatili, scende al 2,9% dal 3,1% di febbraio (attese 3%).
La cpi annua del 2,4%, se confermata, dovrebbe portare a una variazione mensile dello 0,7%. Il dato sarebbe leggermente più basso di quanto prevedevamo nel nostro modello: tuttavia – vista anche l’impennata del petrolio – confermiamo la previsione 2024 al 2,2-2,4% (la Bce l’ha recentemente abbassata dal 2,7 a 2,3%); confermiamo, a maggior ragione dopo la flash di marzo, che in estate la cpi scenderà sotto il 2% per alcuni mesi.