Si conclude stasera la due giorni di politica monetaria della Fed, l'ultima dell'anno. Il mercato si aspetta un rialzo dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale. Ieri, del resto, i dati sull'inflazione Usa - il cui aumento a novembre è risultato modesto e sotto le attese, anche a livello 'core' - hanno alimentato le aspettative di un rallentamento nel ritmo della stretta. I tassi terminali sono visti poco sotto il 5% a marzo. Stando ai Fed funds, gli operatori scommettono ora su aumenti di 25 punti base in ciascuna delle prime due riunioni del Fomc del 2023 e non oltre, con qualche possibilità che l'ultimo incremento avvenga a maggio anziché a marzo. In ogni caso, ciò porterebbe i tassi al 4,75%-5%, livello più basso di quanto previsto da alcuni economisti e di quanto scommesso dai mercati.
Giovedì la Bce dovrebbe optare per un ritocco al rialzo di mezzo punto percentuale. Francoforte svelerà, inoltre, come intenda ridurre i circa 5.000 miliardi di euro di bond in bilancio. A differenza di Bank of England e Fed - che hanno avviato il QT rispettivamente a febbraio e giugno - l'istituto centrale europeo potrebbe iniziare semplicemente con lo stop ai reinvestimenti dei titoli in scadenza in ambito Pepp. I falchi hanno chiesto di agire con rapidità, ma le condizioni di mercato suggeriscono di procedere con prudenza.
In una tre giorni a porte chiuse che si terrà probabilmente entro la fine della settimana - e comunque entro fine anno - il presidente Xi Jinping e altri alti funzionari discuteranno degli obiettivi di crescita, dell'espansione della spesa fiscale per le infrastrutture e della possibilità di un maggiore allentamento monetario. Misure sfidanti per Pechino in un momento in cui l'outlook economico cinese - sul quale gli investitori sono alla ricerca di indicazioni - è messo a rischio dal forte aumento delle infezioni da Covid.