La Banca centrale europea ha alzato ieri, dopo ventitré mesi, il tasso di riferimento (pronti contro termine) all’1,25% dall’1% precedente, dando seguito a quanto aveva annunciato un mese fa alla precedente riunione di politica monetaria. Un rialzo ampiamente scontato, che solo per un attimo era stato messo in dubbio dai tragici eventi giapponesi. In conferenza stampa Trichet ha lasciato la porta aperta a ulteriori rialzi, anche se è apparso leggermente meno preoccupato sull’inflazione.
L’ultimo rialzo dei tassi è datato 9 luglio 2008, in piena crisi bancaria: di lì a pochi mesi ci sarebbe stato il caso Lehman e la crisi aveva già contagiato l’economia reale, tanto è vero che la Fed stava abbassando vigorosamente i tassi. La BCE, visto che l’inflazione aveva raggiunto il 4%, massimo storico dall’introduzione dell’Euro, non ebbe esitazioni ad alzare. Subito dopo però corse ai ripari, iniziando una rapida retromarcia che condusse il P/T dal 4,25% di luglio 2008 al 2% di inizio 2009 fino all’1% di maggio dello stesso anno (fonte www.aritma.eu).
Oggi la BCE, per mandato guardiana dell’inflazione, ha dovuto agire, visto che le recenti tensioni sui prezzi di energia e prodotti alimentari hanno spinto l’inflazione tendenziale al 2,6% in marzo, cioè su livelli decisamente superiori a quelli che sono gli obiettivi dichiarati della banca centrale (2%). La BCE non vuole trovarsi ad inseguire l’inflazione e intende anticipare eventuali effetti di secondo livello, visto che anche i prezzi alla produzione sono in rialzo (6,6% il dato tendenziale di febbraio).
Anche ipotizzando uno scenario di stabilizzazione dei prezzi, l’inflazione nei mesi estivi è destinata a portarsi verso il 3%. In uno scenario del genere non stupisce, quindi, che il rialzo di ieri possa essere seguito da altri nei prossimi mesi. Attualmente i mercati prevedono ulteriori rialzi di 0,25% a luglio e a ottobre, mentre rimane ancora una leggera incertezza sulla possibilità che il P/T BCE venga portato al 2% per fine anno. È dunque plausibile ritenere che la BCE possa portare il P/T al 2% entro il 2011, dopodiché dovrà valutare gli effetti di questa serie di aumenti, anche perché spingersi oltre oggi, con la crisi dei debiti sovrani in corso, potrebbe essere eccessivamente rischioso.
Da quando, il mese scorso, la BCE aveva paventato la possibilità di procedere al rialzo di ieri, l’Euribor 3 mesi, parametro di riferimento per molte operazioni di finanziamento, ha iniziato una marcia al rialzo che lo ha condotto dall’1,10% all’attuale 1,28%. In poco più di un anno è praticamente raddoppiato (minimo storico il 31 marzo 2010 a 0,634%).
Ma per il futuro cosa è ragionevole attendersi? Attualmente, i mercati si aspettano che l’Euribor 3 mesi salga all’1,55% a giugno, al 2,15% per fine anno, al 2,5% tra un anno e al 3% ad inizio primavera 2013. Cercando di vedere ancora più lontano, secondo i Future negoziati al Liffe di Londra, il 3,5% è previsto per giugno 2014 e il 4% a marzo 2016.
Si tratta di stime che, pur derivando da contrattazioni di mercato, appaiono pessimistiche in relazione alle previsioni 2012 di PIL(+1,6%) e di rientro dell’inflazione verso il 2%. Inoltre, un tasso Euribor 3 mesi del 3,5% non è così facile da superare: periodi in cui è stato sopra tale soglia si sono verificati tra gennaio 2000 e settembre 2001, cioè in piena bolla tecnologica, e tra ottobre 2006 e novembre 2008 (punta più acuta della crisi interbancaria).
I finanziamenti a tasso fisso sono ancorati ai tassi IRS (tassi di riferimento per finanziamenti a lungo termine e per le operazioni di copertura dal rischio tassi), i quali sono a loro volta cresciuti nell’ultimo periodo, posto che tendono a coincidere con la media dei tassi Future Euribor. L’IRS a dieci anni (oggi al 3,7%) ad inizio anno era al 3,2% circa e a fine agosto 2010 al minimo storico di 2,34%. Per trovare i livelli attuali bisogna tornare al giugno 2009.
Per valutare il “tasso fisso” la domanda di fondo è quindi: gli attuali tassi IRS sono coerenti o c’è ancora spazio per una loro risalita?
Qualche margine di ulteriore crescita potrebbe esserci, ma non di entità rilevante, proprio perché attualmente è difficile immaginare rialzi dell’Euribor nei prossimi anni superiori ai già pessimistici livelli sopra indicati. Ritenendo dunque già eccessive le attese di crescita sull’Euribor espresse dai relativi Future (che a loro volta condizionano i tassi IRS), pur tenendo conto della generale situazione di incertezza, non sembra al momento opportuno suggerire di utilizzare il tasso fisso su operazioni di finanziamento a medio/lungo termine.
Ad oggi, l’accensione di un finanziamento a tasso fisso decennale con piano di ammortamento con base IRS di periodo (10 anni) conviene, rispetto al variabile, solo se l’Euribor 3 mesi salirà oltre il 4% a partire dal 2013 e oltre il 5% a partire dal 2018.